Itinerari nelle Marche    Montefortino

Eremo di S. Leonardo

Posizionato su di un pianoro ad oltre 1100 metri di altezza, l’Eremo di San Leonardo a Montefortino è stata edificato su quello che era un monastero voluto dai seguaci di San Benedetto. E’ documentato il fatto che presso l’eremo vigeva la regola dell’Ora et Labora, dove oltre alla preghiera si lavorava soprattutto nella trascrizione di antichi codici, nell’allevamento di bestiame e nell’agricoltura. La proprietà che nel 1500 apparteneva a Mons. Gabrielli di Fano, fu da questo ceduta agli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona ai quali, Gabrielli entrò a far parte come eremita sotto il nome di Frà Pietro d Fano.

Abbandonato verso la fine del Cinquecento per essere ubicato in una zona di brigantaggio e per il fisiologico spopolamento di conventi e monasteri, l’eremo divenne rifugio di briganti e banditi che lo elessero come base per le loro rapine a mercanti e pellegrini che si trovavano a passare per questo territorio.
In seguito si trasformò per un ricovero per gli animali e in una sorta di deposito con annesso fienile utilizzato dai pastori. All’inizio del Settecento, quando il Cardinal Mattei si trovò a passare da quelle parti in occasione di una sua visita constatò lo stato di abbandono nel quale versava l’eremo e decise di sequestrare il canone di affitto che la gente di Visso versava ai monaci di Monte Corona per sfruttare i pascoli annessi, come arma per convincere i religiosi a tornare a vivere nell’eremo senza però aver successo.

Una nuova vita per San Leonardo

L’eremo continuò ad essere abbandonato nonostante alcuni tentativi fatti dalle autorità del luogo e fu solo dopo la proclamazione del Regno d’Italia del 1860 e la soppressione di tutte le Corporazioni Religiose, che eremo e terreni annessi furono confiscati dal nuovo Stato e venduti all’asta. San Leonardo venne acquistato da ricche famiglie che nel corso del tempo, si alternarono nelle varie proprietà. Tra queste la famiglia Rosi, che ne fu proprietaria dal 1909 al 1934, è ricordata per aver trasformato l’eremo in un’azienda agricola famosa per la lavorazione del formaggio e che diede lavoro a tanti operai. Era uso allora, far dire messa la domenica proprio in quel luogo a beneficio di contadini, pastori, legnaioli e tutte le altre persone alle dipendenze della famiglia Rosi. Passata di mano la proprietà e cessata ogni attività, l’eremo rimase in uno stato di nuovo abbandono dal quale, incominciò a risollevarsi solo a partire dal 1965 quando un religioso, Padre Pietro Lavini, avvertì l’istinto di recarsi in quel luogo chiamato San Leonardo dove si trovavano solamente alcuni ruderi sepolti dalla vegetazione di quel che era stato l’eremo.

Fu allora che colui che venne soprannominato ‘muratore di Dio’, decise di ascoltare quella voce interiore che lo invitava a ricostruire l’antico eremo, cosa che appariva una missione impossibile anche per un uomo di fede come lui. Dopo aver ricevuto l’autorizzazione da parte del suo Superiore e aver ricevuto in dono i resti del rudere dagli allora proprietari, il frate cappuccino diede vita alla ricostruzione dell’eremo: era il 1971 e a sua disposizione, Padre Pietro aveva solo un saio ed una croce. Dotato di indomita abnegazione, per oltre 40 anni il frate ha portato avanti da solo, la riedificazione del più antico sito spirituale presente nella regione. Si può affermare che contando solo sulle sue forze, Padre Pietro è riuscito a ricollocare pietra su pietra fino a giungere al compimento di un’opera che ha dell’inverosimile.

Per ammirare il suo lavoro, occorre affrontare circa un’ora di cammino di un sentiero che da Rubbiano attraversa le Gole dell’Infernaccio.