Itinerari nelle Marche
Eremo dei Frati Bianchi
In Provincia di Ancona tra Poggio Cupro e Cupramontana si trova l’eremo dei Frati Bianchi, chiamato anche eremo delle Grotte. Non si hanno notizie precise circa la sua fondazione, ma la tradizione vuole che sia fissata intorno all’anno Mille per volontà di San Romualdo al quale è stata dedicata una delle grotte nota come ‘cella di San Romualdo’.
Le grotte vennero scavate da due monaci alla fine del XIII secolo –i beati Giovanni e Matteo- ma alla loro morte, queste furono abbandonate almeno fino alla metà del Quattrocento, quando alcuni frati perseguitati dall’Inquisizione per non volersi sottomettere alle direttive di papa Giovanni XXII, vi trovarono rifugio.
Successivamente le grotte furono affidate al Priore dell’abbazia di San Salvatore di Poggio Cupro, che le tenne fino al 1509 quando le vendette ad un certo Antonio da Ancona che aveva deciso di vivere in quel luogo in preghiera e chiese di essere ammesso all’Ordine dei Camaldolesi.
E’ in queste grotte che Antonio da Ancona aveva preso moglie da giovane e, qualche tempo dopo avendo scoperto che questa era un’adultera, la uccise. Ecco la ragione per la quale volle chiedere perdono a Dio in questo modo e decise di scavare una grotta ancor più grande di quelle già esistenti e di ospitarci un oratorio, cosa che terminò nel 1516 quando realizzò una vera chiesina con tanto di pala d’altare e campana.
Antonio fece di più: cedette le grotte oramai di sua proprietà all’Ordine Camaldolese.
L’involuzione delle Grotte
L’eremo, essendo poco solido e poco capiente, è stato compromesso fisiologicamente anche da continui smottamenti e frane tanto che a fine Settecento, dalle sue pareti a strapiombo si erano staccati importanti smottamenti che avevano provocato l’ostruzione delle entrate. Altro problema fu quello che per via delle piogge, il ruscello di fondovalle distrusse il muro di sbarramento e cancellato la strada di accesso tanto da convincere i monaci di costruire un nuovo eremo nelle vicinanze delle Grotte sulla cui porta di accesso, posero una lapide (oggi andata perduta per via dell’incuria e di atti vandalici) con su scritto il passato dell’eremo.
Anche se i pochi frati bianchi riuscirono a rientrare nel 1820, dovettero definitivamente abbandonare le grotte dopo la proclamazione del Regno d’Italia e lasciando incustodito il monastero che fu saccheggiato con la perdita della preziosa biblioteca e dell’altare in maiolica.
Chiuse definitivamente nel 1928, la proprietà fu venduta ad un privato di Cupra Montana che aveva intenzione di valorizzare il luogo che decise, in parte, di adibirlo ad abitazione per una famiglia di contadini che, almeno per una ventina d’anni, scongiurarono eventuali saccheggi che però si consumarono quando l’eremo rimase incustodito ed in balia di ogni atto vandalico.
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